Yerma a’ Jetteca

Yerma è la seconda delle tre grandi tragedie di Federico Garcìa Lorca; fa parte di una trilogia tragica assieme a Nozze di sangue e La casa di Bernarda Alba. E’ stata rappresentata la prima volta il 29 Dicembre 1934.

Yerma è il dramma di una donna sterile che ha sposato Juan, un agricoltore povero. I due non riescono ad avere figli e Yerma sprofonda nella disperazione. Juan, che figli non ne vuole, per accontentare la sua sposa, le propone anche di adottare uno dei suoi nipoti, ma la donna rifiuta poiché mossa dall’irrefrenabile desiderio di averne di suoi. Il tempo, che trascorre inesorabilmente e senza dare speranza alla povera sventurata, conduce Yerma, sempre più frustrata e addolorata, a compie un folle gesto.

Note di regia:

Il linguaggio di Lorca in Yerma è potente, popolare e poetico. La lingua napoletana è calda, viscerale e poetica esattamente come le opere di Lorca; alla luce di questa comunanza è nata l’idea di rivisitare Yerma.

Le storie di Lorca sono popolari e molto vicine alle nostre tradizioni; i temi ancora presenti nel contesto in cui viviamo.

Nei testi di Lorca sono presenti versi, assoli in rime e poesie. Nel testo rivisitato si è cercato di ricreare la stessa situazione, ma senza soffermarsi sulla metrica e la rima perfetta; si è data priorità al suono della frase finita per restituire allo spettatore un effetto cupo e profondo.

La rivisitazione focalizza l’attenzione sul dramma della coppia. Scende ed indaga i loro stati d’animo, la follia di Yerma, la superficialità di Giovanni, la leggerezza e l’amore di uno nei confronti dell’altro.

Il concetto del desiderio caro a Lorca viene trasposto da Yerma al popolo: è lui a volerla madre. E questa volta è Giovanni a dare ascolto alle voci del popolo e non Yerma.

I concetti del desiderio portati in scena sono due:

  • Desiderio epicureo

Nella prima fase, diventa necessario per il benessere e per la quiete del popolo. Cosi Yerma, come Epicuro, capisce che il figlio è atarassia, tranquillità. La nascita del figlio riuscirà a zittire le voci del popolo.

  • Desiderio freudiano

Yerma si convince che se desidera un bambino lei stessa deve diventare il desiderio del marito, un desiderio sessuale.

Ad accompagnare i due protagonisti sulla scena tre voci, che rappresentano la proiezione del popolo; delle presenze capaci di influenzare Yerma fino a spingerla a sporcarsi le mani di sangue. La scelta del numero tre è dovuta alla forte valenza che gli si attribuisce; il tre rappresenta il numero femminile per eccellenza: le Marie, le Grazie. Il tre è la variante.

Le tre persone che rappresentano le voci restano sempre di spalle, come se facessero parte del pubblico. Partono dal fondo e nel corso dello spettacolo prendono potere su Yerma e sulla scena. Sul finale scendono mescolandosi tra il pubblico e, dopo aver pronunciato le ultime battute, applaudono compiaciute per aver raggiunto il proprio scopo.

Fondamentale è la ninna nanna che apre e chiude lo spettacolo. La prima simboleggia la speranza di avere un figlio, l’ultima, la sicurezza di non poterne più avere.